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Visualizzazione dei post con l'etichetta supermercato

Un’aragosta morta nell’acquario

  Un’aragosta morta nell’acquario. Sta capovolta, zampe all’aria, chele in avanti, addome contratto come un nodo. Ma in fondo è stata fortunata. E se invece fosse stato un suicidio, un ultimo scatto d’orgoglio crostaceo? Vedi un po’ te. La guardo un attimo e poi do un occhio all’orologio: m’investe una tristezza, cari miei, che poi cede il posto solo a una ventata di ansia. Le due di notte e io sono ancora qui, in questo cazzo di posto, un non luogo. Ma non posso ancora andarmene, devo finire di buttare a terra i mangimi per cani e gatti. Quello che molto probabilmente non potete sapere è che arriva un momento, nella vita di un addetto al notturno, in cui buttare a terra diventa estremamente difficile. La ragione è evidente: quando conosci lo scaffale e sei lucido, ti basta un colpo d’occhio per capire quali cose lasciare al rifornitore e quali no, se ti è necessario portate fuori e passare in rassegna anche il bancale dell’avanzo oppure no perché gli spazi a disposizione sono già pien

Non credevo sarebbe mai arrivato anche il mio turno

  Non credevo sarebbe mai arrivato anche il mio turno. In fondo, queste persone, conservano abitudini precise come orologi svizzeri e, oltre a comperare sempre le stesse cose, fanno la fila dai medesimi cassieri. Conservano una prassi, un modus operandi, anche nelle piccole cose. Come tutti noi, d’altra parte. O hanno le loro fisse, nel bene e nel male. E come fai a dargli torto? Ma, questo qui, non era mica solo un cliente difficile, uno di quelli intrattabili che non vogliono sentir ragioni, tipo una vecchina da chiedo lo storno quando mi gira che adesso lo chiedo e basta o uno psicopatico dell’ultimissima birra in offerta che la rivendica anche se è finita e non gliela puoi dare manco se volessi, solo per zittirlo e levartelo dai piedi. Questo, questo qui, che poi era un vecchio, rimaneva il peggior incubo di tutta la barriera. Il problema? Puzzava d’urina. E non solo perché era sporco, estremamente sporco, lurido all’inverosimile, pieno di piaghe alle gambe scoperte e gonfie e clau

Sempre più difficile ma non meno necessario

Ogni giorno la stessa storia, la stessa condanna. Se non si riusciva a stare addosso agli scaffalisti, la nottata dell’addetto di chiusura sarebbe stata piuttosto lunga. Il meccanismo era semplice, semplicissimo quanto spietato. La merce entrava col camion e doveva essere smistata. Una volta smistata, sarebbe andata al rifornimento di quegli scaffali che avevano ammanchi. Il rifornimento doveva essere fatto dagli scaffalisti. La battaglia era proprio questa: chi smistava doveva essere molto veloce a farlo e appena aveva un bancale pronto, doveva anche avere sottomano l’uomo che sarebbe andato in area vendita a rifornirlo. Più buchi si riuscivano a tappare, meno probabilità avrebbe avuto l’addetto del notturno d’andare col muletto e il bancale di fattura per buttarla a terra ai rifornitori dell’indomani mattina. Il mio primo caporeparto mi diceva sempre che per sopravvivere in quest’ambiente, fino a quando non sarei stato promosso al suo rango, era necessario incatenare l’uomo allo scaf

Il tempo libero non era più una valuta

L'idea, il pensiero del tempo, il pensare al tempo che passava inesorabilmente, non apparteneva a questa gente. Pensavano solo alle cose, e in particolare a quelle che si potevano comprare, alla materia, al calcio, alle case, ai ristoranti della domenica più a buon mercato, ai capi firmati, agli acquisti internet più convenienti, alle spese per mantenere i figli e a come soddisfare tutti i loro vizi e vizietti. Questa gente pensava solo a spendere. A spendere e a come guadagnare più denaro. A volte, dai loro discorsi, che poi, ad ascoltarli con attenzione, sembravano quelli dei venditori esperti che non aspettavano altro se non il momento opportuno per poter vendere a sé stessi, emergeva un'attenzione maniacale per il dettaglio, per le caratteristiche tecniche di ciò che più ardentemente bramavano acquistare.  Alcuni, poi, non vedevano l'ora che la Gialla li promuovesse, che li facesse arrampicare lungo la scala ripida e scoscesa delle posizioni aperte verso i vertici della

Non so che cosa mi sia successo ma sono entrato quasi subito nel panico.

Non so che cosa mi sia successo ma sono entrato quasi subito nel panico. E la cosa era strana, in fondo il direttore del negozio mi aveva chiesto soltanto di prendere quel banchetto lurido che stava nel magazzino, tra la pressa del cartone e il primo bancale di pelati, di dargli una bella ripulita e di posizionarlo di fianco al tornello dell'entrata. Ci aveva tenuto a mettermi in mano straccio, carta e detersivo spray, tieni mi aveva detto, e aveva ribadito di fare un buon lavoro, che poi quel piccolo, insignificante banchetto, sarebbe stata la prima cosa a  saltare all'occhio di tutti i clienti. Mentre cercavo di ripulirlo dal grasso e dalla polvere, che insieme avevano creato una miscela collosa difficilissima da mandare via, tanto che lo stesso sgrassatore pareva arrancare, sono stato assalito da un'ansia inspiegabile e incontenibile che qualcuno potesse riconoscermi. Mesi, anni, decenni di studio senza orari, senza tregua, senza risparmio, in costante preda dei sensi di

La vita non è un volantino dell'Esselunga

Di tutta la bagarre in atto tra i cosiddetti “No Esselunga” e tutti i loro antagonisti, dai media alle forze dell’ordine e passando per i politici, ciò che mi ha veramente colpito è che chi prende posizione contro il colosso italiano sono degli studenti universitari. Chi fa rumore ed è disposto a beccarsi le sberle e le manganellate dai poliziotti è anche e soprattutto colui che rivendica il sacrosanto diritto di uno spazio per studiare e incontrarsi con altri suoi colleghi. La cosiddetta “teppa”, “la gentaglia”, “i violenti” sono, in realtà, parecchi ragazzi normali e di buona famiglia, persone educate e in buona fede, colpevoli soltanto di manifestare un’opinione contraria all’idea che deve predominare e realizzarsi. È vero che chi manifesta non produce né reddito né ricchezza e che un centro commerciale come quello di cui si discute, al contrario, crea posti di lavoro e un indotto complessivo di cui potrebbero beneficiare direttamente e indirettamente migliaia di persone. È altretta

Una delle cose che penso più spesso quando lavoro

Una delle cose che penso più spesso quando lavoro in questa bolgia infernale, è che chi dirige la baracca pensa che siamo stupidi, veramente stupidi. Quando andiamo in sede per fare i corsi di formazione, l’azienda, tiene a farci presente che siamo speciali, che siamo importanti per il suo futuro, essenziali, e che, in un modo o nell’altro, siamo capitali per far sentire a proprio agio le persone mentre fanno gli acquisti. Che poi, a essere del tutto sinceri e non per spezzare una lancia a loro favore (per carità, mai e poi mai), un senso, tutto questo discorso, ce l’avrebbe pure, almeno dal punto di vista della fidelizzazione: esorto i miei dipendenti a trattare bene, e cioè con riguardo, rispetto e cortesia, la clientela, affinché questa ritorni il prima possibile e magari spenda anche di più. In teoria non farebbe una piega. In teoria. Poi ci fanno tutta una serie di assurde chiacchiere motivazionali che neanche sto qui a riportarvi per intero o solo a riassumervi, anche perché un p

Non discriminiamo i bar

Durante la mia solita passeggiata al parco mattutina, non ho potuto fare a meno di notare che la bisboccia vietata per strada o sui marciapiedi, si sia trasferita altrove. Nel parco, appunto, chiuso la notte. I giovani, dando il solito esempio di civiltà trasmesso loro da famiglia, amici e parenti, hanno scavalcato la recinzione, si sono portati dietro tequila, bicchieri e sale, gli ultimi due se li sono dimenticati su un muretto, a dire la verità, e hanno fatto esattamente quello che non avrebbero mai potuto fare nei locali o nei bar o di fronte a questi ultimi. Controlli e multe a parte, comunque, e anche giovani a parte, perché chi viola le regole sono anche e soprattutto i vecchi, i cosiddetti anziani, gli intasatori di ospedali, quelli che ci dovrebbero impietosire perché immaginati attaccati a un respiratore, mi chiedevo come mai chi debba essere sacrificato sia sempre e solo il bar, il pub o a ogni modo l'esercizio commerciale che non centra nulla con il distanziamento socia

La gestione del personale si basa su una stretta verticalizzazione dei ruoli

La gestione del personale si basa su una stretta verticalizzazione dei ruoli a cui corrisponde una rigida struttura piramidale che definisce gli inquadramenti e le geometrie aziendali.   Per cercare di comprendere come possa funzionare un meccanismo che contribuisca a creare un ambiente lavorativo deleterio e pressoché impermeabile ai valori della solidarietà e della cooperazione tra lavoratori, che si dimostrerebbero, al contrario, assai utili per aumentare e migliorare la produttività e la competitività dell’impresa, occorre porre l’attenzione sulle tecniche di pressione psicologica utilizzate a tutti i livelli aventi come obbiettivo coloro che non corrispondono alle aspettative programmate. I preposti (direttori, capireparto, assistenti) non hanno bisogno di utilizzare mezzi ufficiali, come le sanzioni disciplinari, per punire, orientare o plasmare il comportamento del dipendente. La GDO utilizza tecniche d’aggressione psicologica ben collaudate per mortificare la persona che reputa

La grande distribuzione organizzata condiziona la nostra vita

La grande distribuzione organizzata (GDO) ha influito profondamente sulla nostra vita di persone e consumatori. Separo i due concetti, e sono convinto che tutti dovrebbero avere il coraggio e l’onestà intellettuale di farlo, perché questo modo di distribuire i prodotti di largo consumo, alimentare e non, su scala nazionale e internazionale, ci ha condizionato prima di tutto come persone e poi come consumatori. Le politiche di queste aziende, i loro profitti, il loro modo di gestire il personale e il rapporto con il cliente, hanno trasformato il modo d’interagire con i nostri simili e la realtà che ci circonda. Supermercato non è sinonimo di mercato e i reparti situati al suo interno non sono la realtà corrispondente a ciò che troveremmo per strada o nei mercati civici. Ma nonostante questo, continuano a riscuotere sempre maggior successo. La GDO ha avuto un grande effetto sulla realtà commerciale nazionale. Il primo, derivante dalle sue politiche di prezzo, di promozione e distribuzion

Interessanti laboratori d’osservazione dell’umana imperfezione

Stare in coda in mezzo a costoro che, proprio qualche ora prima della fine del turno, avrebbero potuto rivolgermi esattamente quegli stessi epiteti che, in quei momenti, avevano a oggetto e destinatario un collega, mi regalava quel terzo occhio necessario per realizzare quale fatica, delicatezza e pazienza sottendano le mansioni di chi svolge questo lavoro. E le persone in coda a una cassa sono e rimangono uno dei più interessanti laboratori d’osservazione dell’umana imperfezione. Il minimo comune denominatore è rappresentato dal fattore attesa. Aspettare, rispettare la coda e pazientare, rimanendo serenamente in attesa del proprio turno, è cosa estremamente difficile e frustrante da realizzare, facilita una reazione aggressiva di chi è coinvolto nella sovente fiumana e trasforma colui che è demandato a ricevere i pagamenti nella persona che detiene il potere di ridurre o di far aumentare quell'attesa. E considerato che si tratta di alimentari, essenziali nella vita di un

La vita di chi fa il cassiere è veramente dura

La vita di chi fa il cassiere è veramente dura, credetemi, sfibrante, snervante, opprimente. Ragion per cui, anche se la maggior parte di voialtri, che non ha mai provato a stare dietro un registratore di cassa, non sarà d’accordo, sappiate che occorre essere dotati di numerose qualità che, per questioni statistiche, non tutti possiedono né sono in grado di conquistare con il passare del tempo e dell’età. Non è affatto come sembra, non è cosa semplice né così matematica nella sua automaticità. Bisogna essere dotati di un equilibrio psicologico oltre la media, di una calma e di una pazienza degne di un maestro zen e dei riflessi e del coraggio di un domatore di leoni. Chi fa questo mestiere da molti anni e lo conosce a fondo, almeno quanto i clienti più assurdi che ne costituiscono l’humus essenziale, riuscendo a resistere e ad andare avanti senza sosta né rimpianti, è assimilabile più a un filosofo di vecchia data e a un equilibrista in bilico sopra l’abisso piuttosto che a u