L'ansia mi divorava in ogni momento della giornata e il pensiero costante, martellante, di aprire la porta di casa e di ri trovarla riversa su un fianco, esanime, con gli occhi sbarrati e i capelli già luridi intrisi da un rivolo di sangue fuoriuscito dalla bocca, alimentava la mia ossessione di prevedere ogni sua mossa più assurda e insensata, ogni suo spreco di tempo e di energie che diventava anche il mio e contribuiva a far focalizzare l'attenzione sul peggio che le potesse capitare. La convinzione di potermi ridurre a vivere per controllarla, si stava tramutando nella mia crocifissione, consumava i nervi, esasperava il fisico, toglieva il sonno o comunque ne peggiorava la qualità. Ed era solo la presa d'atto del suo esatto contrario, e cioè dell'impossibilità di coartare ogni sua decisione, ogni suo movimento, ogni sua dipartita, anche temporanea, che alleggeriva, anche da lontano, questa idea. E non poter fare di più, oltre a dover fare quello che serviva, m
Una delle cose che mi ha sempre stupito della Gialla era la costante ricerca di personale. Nonostante l’assunzione a tempo indeterminato, infatti, parecchie persone, appena potevano, rassegnavano le dimissioni. Lavorare nella Gialla era solo una fonte di reddito, ma mai un piacere o una soddisfazione. E ora che ci penso meglio a distanza di anni, non incontrai mai una persona felice d’aver svolto le proprie mansioni per otto, dieci o dodici ore al giorno. Chi poteva, appena poteva, scappava. Chi, invece, per sua sfortuna, non poteva, o si rassegnava a subire tutti i santi giorni un clima lavorativo assolutamente indigeribile, oppure dichiarava guerra ai propri superiori e all’azienda e passava l’intera vita lavorativa a difendersi e ad attaccare. Non c’era una via di mezzo, una soluzione intermedia, un piano B: lavorare nella Gialla era come stare in un campo di battaglia. Se decidevi di rimanerci, non avevi alternative: o uccidevi per sopravvivere o perivi. E a nessuno fregava nulla d