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Visualizzazione dei post con l'etichetta mobbing

Sempre più difficile ma non meno necessario

Ogni giorno la stessa storia, la stessa condanna. Se non si riusciva a stare addosso agli scaffalisti, la nottata dell’addetto di chiusura sarebbe stata piuttosto lunga. Il meccanismo era semplice, semplicissimo quanto spietato. La merce entrava col camion e doveva essere smistata. Una volta smistata, sarebbe andata al rifornimento di quegli scaffali che avevano ammanchi. Il rifornimento doveva essere fatto dagli scaffalisti. La battaglia era proprio questa: chi smistava doveva essere molto veloce a farlo e appena aveva un bancale pronto, doveva anche avere sottomano l’uomo che sarebbe andato in area vendita a rifornirlo. Più buchi si riuscivano a tappare, meno probabilità avrebbe avuto l’addetto del notturno d’andare col muletto e il bancale di fattura per buttarla a terra ai rifornitori dell’indomani mattina. Il mio primo caporeparto mi diceva sempre che per sopravvivere in quest’ambiente, fino a quando non sarei stato promosso al suo rango, era necessario incatenare l’uomo allo scaf

Lavorare nella grande distribuzione è un inferno

Lavorare nella grande distribuzione è stressante .  Molto stressante.  Non è un lavoro come tutti gli altri e, per certi versi, è una vera e propria condanna.  La gioia di lavorare viene annullata nella GDO .  Le continue pressioni, gli ordini, il mobbing, le urla e i maltrattamenti dei preposti impediscono, di fatto, di operare con serenità e tranquillità per tutte quelle lunghe e interminabili ore che separano il dipendente dalla timbratura di fine turno.  E l'indomani la condanna continua, fino alla fine, fino alla rassegnazione, fino all'esaurimento di tutte le sue energie e della sua voglia di continuare.  Non si beneficia di una regolarità mensile nella turnazione e si deve rimanere costantemente a disposizione delle esigenze aziendali.  Gli orari della squadra dei “mattinieri” sono infernali.  Spesso, infatti, il punto vendita apre i battenti in piena notte e coloro che ci lavorano sono costretti a sopportare turni massacranti che arrivano perfino alle prime ore del pome

Piccolo Duce mi ha minacciato

Piccolo Duce mi ha minacciato.  Anzi, ha cercato d’intimidirmi.  È successo alla fine del mio turno di cassa.  Dovevo staccare prima per recarmi nel primo pomeriggio in sede a parlare con un responsabile delle risorse umane.  La ragione del colloquio era una valutazione sul mio operato, anche in relazione al termine del contratto a tempo determinato che stava per scadere.  In realtà, il responsabile delle risorse umane voleva sapere se la mia formazione come assistente alla vendita stesse progredendo o si fosse arenata come nell’altro punto vendita.  Prima della chiusura di quest’ultimo, infatti, anche a causa dell’incidente mortale che aveva coinvolto il camionista, m’ero lamentato più volte di venir relegato per settimane e mesi sempre e solo in cassa, con il risultato che non ero in grado di gestire magazzino e ribalta.  E comunque, era stato già tutto pattuito con la direzione del punto vendita.  Piccolo Duce sapeva, dunque, e mi aveva accordato un’uscita anticipata, giusto per pot

La gestione del personale si basa su una stretta verticalizzazione dei ruoli

La gestione del personale si basa su una stretta verticalizzazione dei ruoli a cui corrisponde una rigida struttura piramidale che definisce gli inquadramenti e le geometrie aziendali.   Per cercare di comprendere come possa funzionare un meccanismo che contribuisca a creare un ambiente lavorativo deleterio e pressoché impermeabile ai valori della solidarietà e della cooperazione tra lavoratori, che si dimostrerebbero, al contrario, assai utili per aumentare e migliorare la produttività e la competitività dell’impresa, occorre porre l’attenzione sulle tecniche di pressione psicologica utilizzate a tutti i livelli aventi come obbiettivo coloro che non corrispondono alle aspettative programmate. I preposti (direttori, capireparto, assistenti) non hanno bisogno di utilizzare mezzi ufficiali, come le sanzioni disciplinari, per punire, orientare o plasmare il comportamento del dipendente. La GDO utilizza tecniche d’aggressione psicologica ben collaudate per mortificare la persona che reputa

Mario, il capo cassiere, è stato umiliato anche oggi

Mario, il capo cassiere, è stato umiliato anche oggi dall’Ippopotamo, il direttore. Non so bene quale sia stata la sua mancanza ma è stato portato vicino all’ascensore del piano terra, oltre il bancone dell’accoglienza e là è stato malmenato con le parole. Stavo lavorando in una delle casse veloci, quelle a cui si può accedere se hai solo un cestino, ed ero abbastanza lontano, ma ho veduto distintamente il direttore che abusava dei suoi poteri e offendeva il poveretto con parole come “Coglione”, “Mentecatto”, “Essere inutile”, “Fardello aziendale”, “Handicappato” e “Imbecille”. Queste parole non le ho udite direttamente ma ho potuto vedere, dato che, seppur a breve distanza, stavo loro di fronte, i movimenti delle labbra dell’Ippopotamo, i suoi denti (pareva che ringhiasse e vomitasse gli insulti), gli occhi rivolti per terra del povero Mario e la sua espressione, triste, malinconica, arrabbiata e rassegnata: se solo avesse potuto si sarebbe sotterrato lì stesso. Poi ha girato i tacchi

Arrivano gli assistenti del notturno

Quando sparivano gli ultimi clienti, quando i cassieri riconsegnavano i fondi canticchiando allegramente e gli addetti alle pulizie riponevano stracci e scope, quando tutto cominciava a spegnersi, come per magia, entravano in azione gli assistenti del notturno. Si trattava di coloro che organizzavano il lavoro per i mattinieri che, di lì a qualche ora, avrebbero dovuto cominciare a rifornire. L’attività consisteva nel prendere i bancali scaricati dai camion e, se non s’era fatta prima alcuna cernita dei colli, li si portava direttamente nei corridoi, li si apriva con la taglierina facendo attenzione a non rompere o danneggiare nulla e si cominciava a buttare a terra. Buttare a terra significa verificare il quantitativo della merce a scaffale ed eventualmente lasciare il collo in prossimità del relativo spazio da riempire. Lo scaffalista l’avrebbe aperto e rifornito l’ammanco. Questa trafila, di solito lunga e faticosa, perché la relativa durata era in stretta correlazione c

Apertura di negozio: il dolce cominciare mattutino

Tutti  erano utili ma nessuno si rivelava indispensabile. L’apporto lavorativo di ciascuno non differiva da quello degli altri. Eravamo interscambiabili e la Gialla non faceva alcuna distinzione tra noi. Quello che potevi fare tu poteva farlo benissimo anche qualcun altro.  Uno come te. E quell'uno come te, nella Gialla, è il tuo vero problema, il tuo primo concorrente. Come fare per essergli preferito agli occhi di chi potrebbe assumervi entrambi ma deve scegliere tra te e lui? Come aggirare il fastidioso problema di rappresentare colui che è in grado di fornire solo la classica prestazione lavorativa fungibile? Brancolate nel buio? Vi aiuto io. La risposta a questa domanda è molto semplice e intuitiva, quasi banale. Per rendersi indispensabili si doveva ricorrere alla velocità d’esecuzione, al continuo miglioramento dei propri standard. Era essenziale manifestarsi disponibili e a disposizione dell’azienda. Si rivelava necessario essere dinamici, instancabili e

La piantina morta: racconto diapositiva

Quel  giorno il Galletto non aveva fatto altro che rimarcarmi che il mio lavoro  non andava bene.  Non facevo progressi, mi diceva insistentemente. Per lui nulla di tutto quello che mi era costato sudore, mal di schiena, bisticci, scontri e incomprensioni con mia moglie per gli orari assurdi che dovevamo subire entrambi, bastava.  Anzi, era completamente deludente, cronicamente insufficiente. Lui si aspettava sempre di più dalla mia formazione e dal mio ruolo aziendali. Così non puoi andare avanti!, rimarcava, e poi di nuovo, Sei la vergogna del punto vendita!, Io, uno come te, in dieci anni di carriera, non l’ho mai conosciuto!, Non ti applichi, ci fai perdere in produttività, non t’incazzi a sufficienza con gli uomini, sei lento nello scarico del camion! Dopo un po', nemmeno lo ascoltavo più.  Se gli rispondevi s’incazzava e te lo contestava per iscritto, se eri fortunato finiva in un acceso scontro verbale, ma se eri sfortunato, come parecchi miei colleghi, ti pr

Ratti di magazzino, servi del supermercato: licenziata per una raccolta punti

La mia collega aveva  letteralmente perso  le  staffe.  La ragione era dovuta al fatto che alla cliente in questione non tornava l'importo sullo scontrino.  Una differenza da cinque euro. E poi al parapiglia avevano contribuito la fila infinita di acquirenti, un turno eterno senza andare al gabinetto, un miraggio dicevano alcuni, anche se proprio in quel punto vendita, almeno quello riservato alla clientela, distava neanche una decina di metri dalla barriera casse. E già in quel momento ero convinto che il tappo di spumante era volato via anche per altro, e di quest'altro ne avrei avuto la conferma qualche giorno dopo.  Il problema, però, non era stata tanto la reazione esagerata e la presenza di M, il capo cassiere, che l'aveva vista e sentita da lontano e che s'era precipitato a calmarla e a scusarsi con la cliente, anche perché quella stava lì a imprecare contro la vecchietta che le aveva fatto fare e rifare i conti per vedere se quei cacchio di cinque euro

Ratti di magazzino: lavorare nei supermercati. Pressioni e coartazioni psicologiche 1

Le pressioni psicologiche sono uno strumento concreto utilizzato per innalzare il rendimento del dipendente.   L’obbiettivo principale è e rimane l’aumento della produttività dei punti vendita . La strategia dell’osservazione diretta e dell’analisi dei casi più significativi, mi hanno permesso di giungere a qualche conclusione preliminare. Prima di tutto, le pressioni non sono esercitate con metodi o tecniche del tutto soggettivi, e cioè svincolati da una logica sistematica e collaudata. Al contrario,  specie  nelle catene distributive più strutturate, si può notare come il personale adibito alla direzione dei punti vendita utilizzi tecniche predefinite sulle quali è stato puntualmente istruito da appositi professionisti . Durante tutta la mia permanenza, ho avuto modo di constatare come ogni dipendente sia sottoposto a un periodo d’osservazione, di solito coincidente con la durata del primo contratto a tempo determinato, all'interno del quale si cerca di individuarne i tratti p

Ratti di magazzino: lavorare nella grande distribuzione (parte quarta). Racconto stiletto

Era la prima volta che facevo la pausa pranzo dentro il negozio. Eravamo vicini a Natale e il pullulare dei clienti a tutte le ore era direttamente proporzionale al suono continuo ed estenuante degli oggetti che passavano sugli scanner degli operatori di cassa. Il volume era insopportabile. Alcuni, non avendo mai scoperto come si faceva ad abbassarlo e non avendo manco il coraggio di domandarlo a chi di dovere, che poi non è detto che lo sapesse, si mettevano i tappi per le orecchie che impedivano loro di ascoltare le continue lamentele dei clienti più anziani. Era più o meno l'una e io, fresco di fine turno e rendendomi conto che avevo una fame da paura, che andava di pari passo con il mal di testa, il mal di schiena e il rossore agli occhi, cara dolce cassa, non capivo bene se mi andava di uscire di lì o no. Non sapevo che fare, in fondo il tempo che avevo a disposizione, un'oretta circa, che poi si sarebbe ridotta a una mezz'ora scarsa che non mi avrebbe perm