Il presidente di commissione è il figlio di un noto penalista. Si dirige verso il microfono già raggiante, sicuro del fatto suo. Mentre arriva sorride a tutti, anche a quei morti di fame degli impiegati della corte d’appello.
A ben vedere, anche uno dei commissari è il figlio di un noto civilista della città e di tutta la regione, ma non ha per nulla il suo atteggiamento, specie con gli impiegati.
Questa cosa degli impiegati è meglio chiarirla una volta per tutte.
Ogni avvocato del tribunale li disprezza e ne parla male: sono gli impiegati ma soprattutto le impiegate, specie quelle più vecchie, il vero problema che attanaglia e svilisce il suo modo di lavorare e di rendere conto ai clienti.
Dovete sapere che quando gli avvocati entrano in una qualsiasi cancelleria del tribunale, che poi è un ufficio dove si conservano i fascicoli delle udienze, è il cancelliere, e cioè l’impiegato, a guardarlo dall’alto in basso.
E lui si prostra, si umilia e spesso fa da tappetino.
E questo solo per ottenere una piccola velocizzazione del normale ritmo di lavoro impiegatizio.
In altre parole, volendo semplificare, un avvocato medio, per poter fare un po’ meglio il proprio mestiere e non veder troppo inflazionata la propria resa professionale, si trova costretto, suo malgrado, a umiliarsi quasi quotidianamente davanti a un impiegato da quattro soldi che se la canta e se la ride.
E si tratta, talora, di vere e proprie umiliazioni, di mobbing, di maltrattamenti verbali spesso di fronte ad altre persone.
Insomma il presidente arriva al microfono, saluta tutti i partecipanti e inizia a dare quelle indicazioni che sono solito chiamare da imbecilli, cioè quelle cose che una persona d’intelligenza medio bassa dovrebbe immaginare da sola, come minimo.
E la cosa bella è che parecchi di questi beoti che mi trovo davanti, dietro e di fianco, dopo una qualsiasi delle cotante stronzate che escono dalla bocca di quel venditore di fumo, alzano la mano o corrono alla cattedra della commissione per chiedere dei chiarimenti.
Ma sono cose talmente futili e inconsistenti che viene da ridere se non da piangere.
Tipo in che verso bisogna scrivere sul cartoncino che contiene i dati del candidato, se in stampatello o in corsivo, se occorre fare attenzione alle sbavature d’inchiostro, etc.
E mi chiedo in fondo che cosa ci guadagnino.
Che cosa? Qualche informazione sottobanco dopo la dettatura? Un’infarinatura di soluzione? L’amicizia di uno dei commissari che godono come porci al pasto nel vedere qualcuno di questi poveretti in difficoltà?
L’umiliazione che ricevono, poi, è tutta un programma, anche perché più costoro cercano di spiccicare parola con questi pinguini vanesi e meschini, che nulla, in realtà, avrebbero da trasmettere loro in quel preciso momento, visto che si dovrebbe trattare di una prova meramente teorica, più quegli altri si eccitano nell’umiliarli trattandoli da idioti.
Si procede alla dettatura delle tracce.
Ce ne sono due, e io, che non so neanche bene perché, scelgo la prima.
In questi momenti, anche se mi sforzo di fare il contrario, non riesco a rimanere razionale.
Almeno non completamente.
Diciamo che mi lascio trascinare.
Forse col senno di poi farei un’altra cosa, ma il fatto è che questa cosa delle tracce funziona un po’ per simpatia.
E vallo a sapere il perché ma il fatto è che tutte le maledette volte scelgo quella più difficile e più articolata.
Tanti la rifiutano, alcuni l’aggirano, altri se ne fanno una ragione e si buttano sull’altra, ma io no.
Alcuni lo definirebbero una sorta di masochismo.
La ragione, la spiegazione logica?
È per il fatto di poter sparare più facilmente nel mucchio, metafora che amo utilizzare.
E poi si può spaziare di più, coinvolgere più norme, diversi articoli del codice civile, se sei fortunato, oltre la giurisprudenza.
Ad alcuni questa cosa spaventa, pensano di non riuscire a rimanere in tema, pensano di non governare la traccia, come dico io. A me rincuora, invece.
E la ragione sta nel fatto che se pure non riesco a centrare tutto e in maniera più che soddisfacente, per lo meno posso avere la chance di azzeccarci in parte, di centrare qualcosa, anche se poi il mio ragionamento è insufficiente e non tocca tutti i punti cardinali della soluzione.
Ma poi che pretendono da noi? Abbiamo solo sette ore e, mediamente, un avvocato comune c’impiega come minimo il triplo, ed è uno che magari ne sa un po’ più di te o è più bravo a mettere a fuoco quello che conta.
Ma tu vai a sapere il perché, come ragionano questi qui del ministero.