Il politico sardo è distinto, elegante, rispettabile e di buona famiglia.
Ha la fedina penale pulita, un bell’abito e un sorriso smagliante.
Vanta un percorso di studi e un’esperienza professionale impeccabili.
È moderno e simpatico.
Ha un profilo social sempre aggiornato sul quale posta le sue foto migliori e più rappresentative.
È sempre rassicurante.
E non è mai libero.
Trascorre tutte le serate della sua interminabile campagna elettorale a pianificare la risoluzione di problematiche strutturali vecchie di quarant’anni.
Scarica le responsabilità e punta il dito.
È preoccupatissimo per il nostro futuro ma, se solo gli accordassimo la nostra fiducia, in cambio, ci offrirebbe volentieri la sua caparbietà e la sua perseveranza.
Ha deciso di candidarsi per aiutarci.
Solo per aiutarci.
Lo fa per noi e chiede il nostro sostegno.
È sicuro che tutti meritiamo una politica migliore e, solo insieme, saremo in grado di uscire da questa situazione critica.
Il politico sardo è furbo.
Si candida perché non ha altra speranza di sbarcare il lunario.
Nuota nella stessa disperazione di tanti suoi corregionali ma non ce la fa più.
È l’uomo qualunque.
È inoccupato, disoccupato, pieno di debiti, ha una partita iva e due ipoteche sulla casa, ma sa che una poltrona, quella poltrona, gli può cambiare la vita.
Per sempre.
Non ha alcuna idea di come trovare le soluzioni ai problemi che attanagliano la sua terra ma direbbe o farebbe qualsiasi cosa pur di non trovarsi più nei panni dei suoi elettori.
È lui, proprio lui, l’origine di tutti i problemi dei suoi corregionali.