Ma la Lega.
Sì, signore e signori, avete sentito bene: anche qui, in quel di Carbonia, nel profondo sud dell’isola, dove c’è miseria nera, disoccupazione alle stelle, ignoranza estrema, dispersione scolastica galattica, dove tutti si sentono orgogliosi e superiori della propria identità mineraria fieramente di sinistra, dove latitano, come ergastolani fuggiti di prigione, le speranze, i sogni e i desideri di ognuno di noi e dove tutti, badate bene, tutti, hanno giurato e spergiurato ridacchiando che non sarebbe mai potuto accadere, invece, è accaduto.
La Lega ha insediato in consiglio comunale una sua consigliera.
Mi secca ammetterlo, purtroppo, perché io non sono né un elettore né un sostenitore o un simpatizzante, ma, questa volta, il partito verde ha letteralmente realizzato una missione impossibile.
E non tanto per il fatto di giocarsela in Sardegna, quanto per la circostanza d’esserci riuscito a Carbonia, nel Sulcis, dove un messaggio come quello del carroccio, eccezion fatta per gli algerini che sbarcano sulle nostre coste come se nulla fosse, non ha appigli soprattutto perché viene dal profondo nord, terra vista non così poi di buon occhio, al netto della buona riuscita di ogni emigrazione generazionale.
E l’ha fatto nel silenzio dei media più totale, quegli stessi media che hanno celebrato il sindaco vincitore come il messia che viene dai cieli e nonostante quasi la metà della cittadinanza non sia andata votare.
Ed è riuscita a farlo nonostante, sulla carta, nessuno ci avrebbe mai scommesso una lira bucata, nonostante tutti gli insulti sui social durante la campagna elettorale, nonostante una continua, estenuante e perdurante delegittimazione non tanto sui programmi o sulle idee, quanto sull’identità partitica, a priori, sulla sua bandiera, sui trascorsi giudiziari o processuali di una parte della sua dirigenza, sulle dichiarazioni dei suoi leader e su tutto e su niente.
Chi vota Lega è un minus habens, dicevano i buontemponi, un corrotto, un traditore dei sardi, uno che non tiene alla sua terra ma che fa gli interessi del nord e chi più ne ha più ne metta.
Ora, io dico, al contrario, non solo che in una democrazia rappresentativa ognuno ha il sacrosanto diritto di pensare quello che vuole, di manifestare le proprie idee e di tradurle in programma politico, voti e seggi, ma che in città, nella mia città, targando i candidati leghisti come traditori della Sardegna, del Sulcis e di Carbonia e a vantaggio di un partito del nord e del nord in generale, ci si sta gettando a volo d’angelo in una piscina d’ipocrisia.
La città perde ogni anno centinaia di giovani che partono verso quel nord di cui la Lega è espressione, in cerca di lavoro e di migliori prospettive di vita e sono i suoi stessi abitanti a pagarne il biglietto dell’aereo e gli affitti.
I veri traditori, se di tradimento si vuol parlare, sono proprio coloro che hanno deciso e decidono di non investire i propri soldi nella nostra città e nella nostra terra, non quelle persone che si ostinano a rimanerci per cercare di riuscire a salvarla e costruirci qualcosa.
E se lo fanno attraverso un partito del nord che dà loro voce, possibilità di candidarsi e sostegno elettorale, non c’è nulla di che vergognarsi e nessun tradimento di sorta.
Allora si vergognino anche quelli che fanno studiare i figli a Milano o che li fanno andare a lavorare in Veneto o in Emilia, dove magari compreranno casa, si sposeranno e faranno figli.
Che decidano d’investire le decine di migliaia di euro nella loro città natale, visto che si sentono così orgogliosamente sardi e sulcitani.
E si vergognino di cuore anche coloro che sono andati a baciare le babbucce dei caporali nostrani dei soliti partiti di turno, pur di non vedere emigrare la propria discendenza, vendendosi l’anima, la dignità e il futuro del territorio.
Si vergognino loro, non i leghisti carboniensi che, con la maglia di un partito del nord, cercano di sostenere la propria voglia di continuare a vivere nella nostra realtà, misera, è vero, ma viva e per fortuna ancora piena di gente dignitosa e con la schiena dritta.